Di Patrizia Borrelli
1 Maggio, tanti pontelunghini iscritti al “giro delle Mura di Ferrara”. Una bella corsa che a detta di qualche esperto pare già impegnativa con il bel tempo. Si parte presto per Ferrara con previsioni pessime, ma a Bologna timidamente esce un raggio di sole e noi siamo ottimisti e speranzosi.
Invece le nuvole ferraresi sono state fedelissime! Pioggia a catinelle. Entusiasmo a zero, Ippodromo zuppo d’acqua, pozzanghere come piscine e tanta pioggia! Va bè…che fare?
Lascio da parte ogni velleità e, travolta dalla partenza, mi lascio andare. Fango, sabbia bagnata, acqua… ma dopo i primi tentativi per schivare le immense pozzanghere mi rendo conto che 12 km sono lunghi, e non posso affrontarli così, devo modificare lo spirito della mia gara! Timidamente affronto con grinta la prima immensa “pozza” e mi sento schizzare fin sopra le braccia. I piedi fradici, le scarpe pesanti. Mi piace! Arriva la seconda, completamente fradicia, assorbo acqua sollevata da me e dai concorrenti che mi corrono accanto….Evvai!!! A questo punto inizio a sentirmi libera, a divertirmi, a sentire finalmente il mio respiro e a correre! Una fatica assurda, ma corro a prescindere dal tempo. Provengo da uno sport, la pallavolo, dove la forza sta nella squadra. Qui le sinergie del gruppo sono fondamentali, la fatica si condivide insieme alle energie, al divertimento, all’entusiasmo e alle delusioni. Mi capita a volte nella corsa, durante la fatica e il disagio in allenamento e in gara, quando sento il cuore a mille, di perdere la testa e non trovare più la forza. Mi chiedo perché lo faccio, e sento il bisogno della squadra! Rileggo l’articolo della “gara sbagliata”, pubblicato nel 3°notiziario Pontelungo, e penso… esiste la gara sbagliata? Ma una gara che in partenza può sembrare assurda o “sbagliata”, a volte può trasformarsi in quella “giusta”, per le sensazioni che trasmette, perché solamente ritrovandosi nell’entusiasmo è possibile sentirsi contenti e motivati.
Se ci ascoltiamo bene, in fondo, ogni gara racconta qualcosa di noi, ci trasmette un significato, come il riconoscimento dei nostri limiti. Manifesta stati d’animo anche sconosciuti, come l’euforia, la frustrazione, l’evasione o la felicità e comportamenti, come la socialità. Correndo impariamo a guardare con curiosità ed emozione la ricchezza dei luoghi, della natura, delle persone che si incontrano lungo il tragitto e soprattutto, noi stessi.
La gara “giusta” ricarica di energia e permette di andare oltre.
Ed ecco che nonostante i dolori postumi, mi ritrovo ora a pensare alle prossime ripetute con il “gruppo pontelunghino”. Si, il gruppo, di Giuliano e dei “ragazzi”, sempre disponibili ad aiutarmi negli allenamenti, a trainarmi nella fatica, a motivarmi sulle capacità e l’impegno. Il gruppo che mi fa sentire “squadra” e senza il quale non sarei riuscita ad arrivare a provare entusiasmi e soddisfazioni per questo sport così duro.
E allora, secondo me la gara “sbagliata” non esiste, perché ogni corsa rappresenta sempre una suggestiva metafora della vita, trasformandosi in quella “giusta” !